La musicoterapia è una disciplina basata sull’uso della musica come strumento terapeutico. Da diversi anni, infatti, sono noti i benefici che la musica apporta al nostro fisico e alla nostra mente. Le melodie e i suoi possono influenzare i nostri pensieri e i nostri stati d’animo con facilità. Ciò si traduce con la possibilità per la musica di cambiare il nostro umore e le nostre sensazioni. Se ci pensate, questa possibilità della musica è davvero unica e può essere sfruttata senza difficoltà.
In realtà, è possibile che alcuni di noi abbiano sfruttato, magari senza alcuna consapevolezza, la potenzialità terapeutica della musica. Probabilmente, ci sarà capitato ancora di tornare a casa dopo una giornata di intenso lavoro stressati e stanchi. Forse, in quel momento abbiamo acceso la radio senza pensarci su oppure ci siamo concessi un bagno rilassante con un sottofondo musicale. Abbiamo agito così sulla base del nostro inconscio, che conosce bene le possibilità della musica di lenire il nostro animo. Ma da cosa deriva questo potere delle note musicali? Cerchiamo di scoprirlo nei prossimi paragrafi.
Musicoterapia: quando la musica aiuta la medicina
Il rapporto tra la musica e le sue possibilità curative è stato oggetto di diversi studi. La medicina, infatti, si è a lungo interessata degli effetti che le melodie possono comportare sul fisico. Nell’antichità, i primi medici avevano già colto l’esistenza di un rapporto tra la musica e lo sviluppo della mente, mentre la medicina moderna si è concentrata sulle potenzialità riabilitative del suono.
Nel tempo, diversi studiosi hanno riscontrato che il suono può essere impiegato per agire sulle funzioni cognitive, ma anche su quelle fisiologiche. Ad oggi, dunque, è possibile affermare che per la musicoterapia vale lo stesso discorso che viene fatto per la cromoterapia. Anzi, sembrano esserci maggiori evidenze scientifiche relativa alla musicoterapia.
Nella maggior parte dei casi, la musicoterapia è utilizzata nella riabilitazione psichiatrica o neurologica. Per fare qualche esempio, citiamo alcuni casi di patologie i cui malati trovano beneficio con la musica:
- la schizofrenia;
- psicosi;
- disturbi dell’umore;
- disturbo bipolare;
- anoressia nervosa;
- lo stato di agitazione tipico delle demenze;
- l’ansia;
- disturbi somato-formi (come il dolore cronico);
- i disturbi dello spettro autistico.
In aggiunta a questo breve elenco, è possibile utilizzare la musicoterapia anche nel trattamento di diversi disturbi e malattie. In questi casi, però, la musica non ne rappresenta la cura, bensì un aiuto per vivere la condizione patologica al meglio. Questo è il caso delle afasia, degli ictus, delle malattie cardiache e polmonari e delle amnesie.
Quanti tipi di musicoterapia esistono?
Ad oggi, ci sono principalmente due tipi di musicoterapia attuabili dagli esperti. Questi tipi sono:
- la musicoterapia attiva;
- la musicoterapia recettiva.
Differiscono principalmente per l’azione richiesta al soggetto che necessita di terapia. Infatti, nel primo caso, l’interazione tra il terapeuta e il paziente si realizza tramite la produzione diretta di suoni utilizzando la voce, gli strumenti musicali o dei semplici oggetti. Mentre, nel caso della musicoterapia recettiva, il compito del paziente è quello di ascoltare dei brani musicali. Durante l’ascolto di questi, comunque, perché non si tratti di un mero ascolto passivo, durante il quale distrarsi, il paziente riceve delle indicazioni. Queste indicazioni attribuiscono una certa valenza di attività anche alla recezione. Ad esempio, una richiesta comune che viene posta al paziente, impegnato nell’ascolto di un brano, è quella di immaginare delle figure ispirate dalla musica.
Gli obiettivi di entrambi i tipi di musicoterapia sono gli stessi, cioè:
- Migliorare i disturbi comportamentali difficili da controllare (aggressività, violenza, rabbia, isolamento);
- Ridurre il numero degli psicofarmaci da assumere quotidianamente;
- Stimolare la comunicazione e permettere al paziente di esprimersi liberamente;
- Stimolare le abilità cognitive;
- Mantenere in salute le abilità cognitive e fisiche residue, rallentando il loro deterioramento.